In tutti i portafogli detenere una componente di liquidità è di primaria importanza. Avere denaro investito senza rischi, e smobilizzabile rapidamente con costi minimi o inesistenti, permette di far fronte a necessità impreviste. E può servire anche per cogliere al volo occasioni d’investimento più remunerative di più lungo termine.
In qualsiasi situazione di mercato, soprattutto nei momenti di incertezza, è bene tenere una quota più o meno significativa di liquidità, e questo per mettere al primo posto la sicurezza, piuttosto che il rendimento. Difficile stabilire a priori quanta parte del portafoglio debba essere investito in liquidità. La scelta dipende dalla propensione al rischio del singolo investitore e dall’incertezza e dalla volatilità dei mercati. In generale non sbaglia chi detiene almeno il 10-15% delle proprie attività finanziarie in investimenti di breve o brevissimo termine. In liquidità, appunto.
Ma tenere liquida una parte del portafoglio comporta degli svantaggi. Infatti investire in liquidità “costa”. Il rendimento degli investimenti a breve termine (12 mesi al massimo) infatti, è sempre molto basso in quasi tutte le condizioni di mercato. Di conseguenza, la sicurezza e l’immediata disponibilità del denaro comportano la rinuncia a occasioni di investimento più redditizie. Nel contesto di mercato attuale, in cui i tassi di interesse sono molto bassi, i prodotti migliori, spesso vincolati, per l’investimento in liquidità, rendono circa il 2% netto in meno rispetto agli investimenti in titoli pubblici a reddito fisso di lungo termine. Ancora più elevato, in termini di mancato guadagno potenziale, il costo rispetto all’investimento azionario che, secondo le statistiche più accreditate (che secondo me lasciano il tempo che trovano) risulta, nel lungo termine, di circa 4-5 punti percentuali in più rispetto all’investimento in liquidità, che però ha rischio zero.
Attualmente i tassi di riferimento della Bce di Francoforte sono all’1%, e sembra che la politica dei tassi bassi sia destinata a continuare fino a quando la ripresa economica non si consoliderà pienamente. Di questo parere sono anche la maggior parte degli economisti, la Fed americana e le stesse banche centrali. Pertanto i rendimenti delle attività più liquide oscilleranno intorno a questo parametro.
Ma cosa succede se l‘inflazione (che sappiamo essere l’erosione della moneta) risale? L’inflazione oggi è abbastanza bassa, ma i segnali indicano che sta risalendo, ed è probabile che l’aumento dei prezzi al consumo si possa assestare in area euro intorno all’1-1,5%. In questo caso, se la remunerazione della liquidità dovesse rimanere identica a quella di oggi, sarebbe incapace di proteggere il valore reale del capitale. Ma è quasi certo che se i prezzi ricominceranno a correre, anche i tassi di interesse saliranno, e con essi il rendimento degli investimenti a breve termine, rendendoli più vantaggiosi.
L’unico strumento che non sarà mai capace di stare al passo con l’aumento del costo della vita è la giacenza in conto corrente, la cui remunerazione tende allo zero in qualsiasi condizione di mercato. Fanno eccezione i conti correnti online, dei quali ci occuperemo a breve.